venerdì 25 ottobre 2013

Voglio un non lavoro

voglio un non lavoro.
dal momento che già oggi quando dichiaro la mia professione tutti mi guardano interrogativi come a dire “ah sei volontaria”, no, non sono volontaria, lavoro nel no profit, mi faccio un mazzo come il tuo, forse anche di più e percepisco in media il 35% in meno di stipendio.
Ma non voglio parlare di questo.
Voglio parlare della non vita e del non lavoro a cui aspiro.
Vorrei passare le mie giornate a infilare perline nel filo, a creare oggetti con le bottiglie di plastica, a ritagliare filtrini per il tè a forma di cuore...
Vorrei fare tutto questo a giornate sane.
Vorrei preparare i biscotti per Natale, un po’ da appendere all’albero, un po’ da regalare agli amici in puffettose confezioni da me realizzate.
Vorrei fare i ciambelloni che senti il profumo appena entri nel palazzo, ma soprattutto... vorrei mangiarli sti ciambelloni!
Vorrei avere il tempo di scrivere quella frase di De Andrè sul muro della stanza da letto, riverniciare le sedie e curare le pagine facebook dei marchi che mi piacciono, vorrei lavorare da casa.
Vorrei una casa in campagna da cui si possa raggiungere il Maxxi per il brunch della domenica con facilità, o il cinema Palazzo o le mie amiche a Prati.
Vorrei la casa di legno col camino e il pavimento che scricchiola.
Invece attraverso piazza Venezia con lo scooter alle 18.30 di sera e per terra è bagnato, e sta piazza è peggio di una fossa dei leoni, se ne esci vivo è un miracolo.
Mando a quel paese mezza Roma, penso che è un incubo di città, penso alla cena da preparare, al gatto che vorrà rientrare...
Tutto questo dopo 10 ore passate in ufficio – dove non posso neanche mangiare ciò che voglio, dietro a un pc a rispondere a mail, risolvere problemi, cercare di contenere la mia vena polemica, cercare di contenere i miei eccessi di ira.
Il mio lavoro mi piace, mi piace sapere che sto facendo qualcosa di utile e che nessuno si sta arricchendo in modo spropositato sulle mie spalle, ma certe volte vorrei davvero ritagliare cuoricini, fare cosmetici con il cetriolo o riciclare in modo intelligente la lettiera del mio gatto.

martedì 15 ottobre 2013

Le uova d'oro

Si, ci sono pasticcerie a Roma che usano uova d'oro.
Queste pasticcerie cucinano per polli d'oro!

La tendenza a Roma è sempre una, viaggia come un'onda e vedi spuntare una serie di posti tutti simili tra loro nell'arco di pochi anni.
Loro scrivono che sono aperti dal 1970 o anche dal 1870, fanno a gara ad ottenere il titolo del primo aperto a Roma, perchè se sei il primo, tutti gli altri sono imitazioni, mi pare ovvio.

Dolce a Roma (rigorosamente) Nord Est:
















Lo vedete? Lo vedete anche voi o lo vedo solo io???
Stile vintage... è una pasticceria, dovrebbe fare dolci...
Invece è un forno, ristorante, fa il brunch, il lunch, l'aperitivo, l'aperidinner, e ovviamente la Merenda.
La location da sogno, tutto curato ai minimi dettagli, tutto costoso ai massimi sistemi... proposte culinarie discutibili, che mio nonno direbbe "ma nun se po' avè un cornetto co a crema?"
Crumble come se piovessero, fondenti che sembrano semifreddi, cuori caldi su torri croccanti...
Ma un tiramisù? Una mimosa?

Tutto questo lusso per un cornetto mi snerva.
E' un dolce, solo un fottutissimo dolce, una cosa che mangi e dopo due secondi ti sei già pentito.
Una cosa che mangi e dopo due secondi stai già pensando alle sedute di palestra che ti aspettano.
Una cosa che mangi e dopo due secondi stai già pensando a tutte le rinunce che ti aspettano.
Una cosa che mangi e dopo un'ora c'hai un picco glicemico che fermete e ti devi fermare in pizzeria e ti fai mezzo metro di pizza rossa con la mozzarella.

Arredamento vintage o no, sempre dolci fate...farina, latte e zucchero.
Ripijateve, tutti, compresi voi che ci andate.

Propaganda dell'allocco che ci casca.

Udite udite!
Il Caffe Propaganda investe sui giovani, così enuncia sul suo sito:













Si, meno male che ci pensano loro ai giovani.
Peccato che non abbiano specificato che punta sui giovani chef, che cucinano solo per giovani da un reddito minimo di 50.000 euro.
Perchè se vai a vedere il menù dei primi piatti scopri che:



















Cara ti costa una carbonara!
E le fettuccine con verdure croccanti bio? Mo' pare che basti mettere BIO per darti la certezza che quello che mangi è buono e lo devi pagare il 40% in più.

E meno male che ci stanno cciòvani creativi in cucina, effettivamente sono piatti elaborati e innovativi.


Per non parlare dell'uovo al tegamino:
Assolute
10,00 €
albume cotto al tegame con olio e parmigiano, il tuorlo messo sopra in uscita
La chiudo qui, non penso ci sia altro da dire, bon appetì!

ROMAnzo criminale

Non so se sono i trent'anni (trent'anni e passa, nun comincià a rubà).
Ma da un po' di tempo vedo le cose in modo diverso.
Mi capita di assistere (più che partecipare) ad alcune serate romane e di avere strani pensieri di sottofondo.
Ci sono dei locali a Roma che la fanno da padrone nel mondo fighetto-radica. Locali che sembrano tutti uguali tra loro, sorgono in contesti post-industriali/popolari e hanno pressappoco lo stesso look.
Look anni 70, tavolacci di legno (da 2.000 euro l'uno), sedie di alluminio, stampe retrò, colori che variano dal carta da zucchero al carta da zucchero a righe, fino ad arrivare al carta da zucchero a pois.

Che poi qualcuno mi spiegherà perchè carta da zucchero? Incartavano lo zucchero con una carta di quel colore? Non citerò quello che dice Wiki in merito, perchè c'è della fantasia, ma tant'è.
Dicevamo? Ah si, l'arredamento... vabbè avete capito no?

Non voglio dirlo, perchè poi pare che faccio una crociata (contro me stessa poi) ma insomma un po' radical chic, per dirne uno a caso.

Vabbè, da un po' di tempo dicevo, ho una strana sensazione, sembra che questi locali siano davvero tutti uguali, così uguali che sembra esserci un'unica mano dietro.

Tutti alla moda, tutti frequentatissimi, tutti pretenziosi.

La domanda è: e se davvero ci fosse una mano sola?

Un gruppettodi pochi investitori, che gira che ti rigira sono sempre gli stessi.

Una banda che si è presa Roma e la sta rendendo tutta uguale. Individuando un target che va dal radicalone al coattello di Roma est.
Come possono Radical chic di Testaccio, Trastevere, Garbatella, Monti, Prati e San Lorenzo, convivere e amare lo stesso locale dei coattelli fighetti di Trieste, Parioli, Prati, Ponte Milvio, Flaminio?
Ma certo che possono, cambiano solo i negozi dove comprano i vestiti nulla di più, per il resto parliamo della stessa gente, tiè magari i primi vanno al Quattro Fontane invece i secondi all'Adriano...ma in fondo stiamo là, perchè i primi i film che vedono al Quattro Fontane non li capiscono.
Se non fosse che la cosa mi puzza, mi puzza che queste persone riescano ad aprire (e chiudere, vedi Cofee Pot e Casa Clementina) locali in pochissimo tempo, arredarli e riempirli di personale.
Mi puzza che non incontrino difficoltà con i permessi, la burocrazia, la malavita...


Ma quanto mi ha fatto male a me Romanzo Criminale (serie e film)? Quanto mi ha fatto vedere una Roma sulla cresta di onda che rimesta merda?

Tutto questo mi sembra un losco giro degno della banda della magliana.

Forse sono troppo impressionabile, ma certe volte ho davvero l'impressione di bere soldi sporchi e mazzette.

Giudicate voi.
















  


venerdì 4 ottobre 2013

Teatro 2.0


Per chi una sera qualunque vedendo l'Enrico IV di Pirandello a teatro è stato vittima di quello strano fenomeno chiamato "abbiocco irreversibile" (quello da cui è impossibile riprendersi).
Per chi a 16 anni voleva andà a balla al Gilda invece di andare a teatro.
Per chi andare a teatro, significava uscire dalle Dr Martens e mettersi i tacchi e il vestitino.
Per me insomma.

A 33 anni suonati, è ora che lo scoglio teatro lo superiamo, non so come, ma tocca farlo, a 33 anni il teatro è un must, bisogna iniziare a darsi un tono prima o poi.

Vabbè, quindi tutti mi parlano di questo spettacolo stupendo, acuideviassolutamenteandare, nonpuoiperdertelo, cioèrimmarraiesterefatta.

Parlo di Dignità automone di prostituzione, che poi il volantino era fatto male e si leggeva Dignità di prostituzione autonome, cioè questa "di" vagava per il volantino senza pace.
Andiamo alla prima - le cose vanno fatte bene, entriamo e devo dire, che il radical regna supremo. però regna supremo solo fino alle 21.30, poi il pubblico diventa più vario. Eterossessuali pochi, questo mi da una certa garanzia sulla qualità artistica della serata. L'idea è davvero notevole, tu sei nella scena, parli con gli attori, interagisci con loro, il palco è scomparso, risucchiato insieme alle poltrone nel sottosuolo. Non voglio dire nulla sullo svolgimento dello spettacolo, perchè secondo me il bello è proprio la sorpresa, la formula insolita che lo rende unico e ti spiazza, lo stupore è certamente con noi in molti spettacoli a cui ho assistito. Il Lanificio è uno di quei posti che potrebbe essere frequentabilissimo, che però come capita spesso in questa città, una certa fauna un po' ingombrante e con le tasche piene lo rende un posto ingessato un po' appariscente, con poca sostanza.